Retrovirus che inducono tumori e oncogeni virali
Ci sono retrovirus con sequenze omologhe ai proto-oncogeni cellulari (cONC) (geni che se subiscono un’alterazione della loro espressione/funzione, conducono al tumore).
Un esempio è il virus del sarcoma di Rous in cui uno dei 4 geni virali è omologo al gene eucariotico SRC. Quelli normali sono proto-oncogeni (non creano tumore, se alterati diventano “oncogeni”).
Per regolazione virale si può avere un eccesso di espressione dei proto-oncogeni che poi causano il tumore.
Se l’espressione del proto-oncogene viene alterata da un virus, si può ottenere una modifica che porta al tumore.
Il virus del sarcoma ha 4 geni, uno per il capside, uno per la trascrittasi inversa, uno per la proteina del rivestimento, e uno per una proteina chinasi (VSRC).
Solo la versione con VSRC è in grado di indurre i tumori, perché overesprime la chinasi dopo che ha infettato la cellula. Se a questo virus togliamo VSRC, resta in grado di infettare la cellula ma non di indurre il tumore. Approssimativamente 20 diversi retrovirus, ognuno contenente uno specifico oncogene, sono stati identificati e associati allo sviluppo del cancro.
I colori servono per identificare virus con funzioni particolari per l’induzione dei tumori:
ci sono retrovirus che codificano per fattori di crescita (Sis) -> virus del sarcoma di scimmia, l’oncogene è un analofo di PDGF che è un fattore di crescita delle piastrine.
Questo PDGF è normalmente espresso nelle piastrine, ma se viene sovraespresso in un contesto non appropriato, determina la formazione di un tumore.
Ci sono poi i recettori dei fattori di crescita: c’è una proteina simile ad un recettore di crescita epidermico, con dominio esterno di ricezione e interno di trasduzione.
Ci sono i proteina chinasi tirosina-specifici: Src -> aderiscono alla parte interna della membrana cellulare. Ci sono FT come fos, jun, myc e proteina chinasi serina-treonina.
I virus ad RNA integrano nel loro genoma l’RNA maturo di oncogeni cellulari, dopo questo, sapranno trasdurre l’oncogene anche ad altre cellule infettandole (tramite la loro trascrittasi inversa possono originare un cDNA dal loro RNA e questo sarà inserito nel genoma dell’ospite).
Le proteine codificate dagli oncogeni virali sono simili a proteine cellulari che hanno importanti funzioni regolative.
La differenza tra gli oncogeni virali e quelli cellulari è che quelli virali non contengono introni, questo depone a favore di una loro origine a partire da cellule eucariotiche.
È verosimile che RNA cellulari maturi vengano incorporati nel genoma del retrovirus.
La parte azzurra confronta l’oncogene cellulare per SRC che è una chinasi tirosina specifica e l’oncogene virale, la differenza sta negli introni.
Molti oncogeni cellulari sono stati identificati usando gli omologhi virali: hanno fatto librerie e hanno poi usato come sonda il gene virale per isolare l’omologo cellulare.
Identificazione di omologhi cellulari degli oncogeni virali: i proto– oncogeni (c-onc)
Due importanti differenze tra c-once v-onc:
1) Nei c-onc sono presenti introni, invece i v-onc non li hanno: derivano da RNA maturi incorporati nel genoma del virus). Il genoma virale deve poi essere inserito nel capside, quindi non è molto che può stare all’interno.
Gli oncogeni virali inducono tumori, quello cellulare è un proto-oncogene, fino a quando la sua funzione non viene deregolata, non causa tumori.
Gli oncogeni virali sono anche espressi di più di quelli cellulari, solitamente esprime 100 volte più proteine di quello cellulare e questo provoca degenerazione tumorale (1).
Un oncogene virale può essere espresso in un sito non appropriato, per esempio non dovrebbe essere espresso nelle cellule del fegato e questo può portare al tumore (espressione in sede cellulare non corretta), oppure esprimere una forma mutata dell’oncogene, insensibile a regolazione.
2) I v-onc, a differenza dei c-onc, inducono tumori: prendevano il DNA presente in tumori solidi o del sistema linfatico, facevano l’estrazione del DNA, frammentavano il DNA e lo marcavano con pezzi di DNA batterico (DNA bar code – si lega un pezzo di DNA batterico che è estraneo al genoma della libreria), questi vengono poi usati per transfettare fibroblasti di topo normali per poi verificarne il fenotipo.
In alcuni casi, queste cellule mostravano progressione tumorale, e il DNA estraneo lo riconoscerò grazie al bar code, ed è stato visto che contengono oncogeni.
Meccanismi di attivazione di un oncogene
1. Incorporazione di un virus in posizione adiacente ad un proto-oncogene: supponiamo di avere un virus/retrovirus che si inserisce vicino ad un proto-oncogene.
La vicinanza ad un elemento di regolazione virale porterà ad una sovra-espressione del proto-oncogene che si comporterà da oncogene.
2. Amplificazione del proto-oncogene per decine/centinaia di volte: come accade nel caso di HER2 che risulta infatti amplificato nel 25-30% dei casi di tumore primario alla mammella.
Quando viene sovra-espresso, porta alla proliferazione cellulare incontrollata, e quindi al tumore.
La regione amplificata può restare sul cromosoma che porta il proto-oncogene, e quindi si parla di HSR (Homogeneusly Staining Regions). Infatti, se l’amplificazione è rilevante, sarà visibili una regione del cromosoma uniformemente colorata dopo un processo di staining.
Queste regioni amplificate possono anche non restare nel cromosoma, ma possono essere trovate nel nucleoplasma sottoforma di piccoli cromosomi circolari (minute) e duplicati (double).
Quindi, quando ci sono frammenti ripetuti tante volte, possono accoppiarsi fino a formare dei piccoli cromosomi indipendenti detti appunto “double minute”.
3. Rimaneggiamento cromosomico: è quello che accade nel linfoma di Burkitt dove c-myc trasloca in una regione del cromosoma 14-2-22, dove risiedono i geni che codificano per le catene pesanti delle immunoglobuline.
In questo modo c-myc sarà espresso sotto il loro controllo e la sovra-espressione darà il tumore.
Un altro caso simile è quello del cromosoma Philadelphia con BCR-abl.
4. Meccanismi di attivazione di un oncogene: ha anche a che fare con la proteina Ras.
Ci può essere un segnale esterno dato da un fattore di crescita che interagisce con il proprio recettore, così si può attivare Ras che è attiva solo se legata al GTP, spenta se legata al GDP.
Si possono verificare delle mutazioni a carico della proteina Ras, per esempio la sostituzione della glicina 12 con la valina 12 (oppure in posizione 59 o 61, ma meno).
Questa dissociazione abolisce la capacità di Ras di dissociarsi dal GTP, e così resterà perennemente attiva, inducendo un’anomala divisione cellulare.
La mutazione di Ras è molto frequente come causa dei tumori umani (25%), e nel tumore al pancreas, questa modifica interessa anche il 90% delle cellule tumorali.
È una mutazione dominante, basta la mutazione di una sola copia per trasformare la cellula normale in tumorale, inoltre, non è trasmessa tramite la linea germinale, ma è de novo (no ereditarietà).
Ruolo fisiologico di oncogeni
I protoncogeni dominanti possono essere divisi in 4 classi di molecole
1) Fattori di crescita; il prototipo è l’oncogene cSIS: codifica per catena B del fattore di crescita di derivazione piastrinica: questi fattori di crescita possono stimolare proliferazione di alcuni tipi di cellule; un aumento della loro espressone o produzione di una proteina anomala possono portare a proliferazione cellulare.
2) Recettori di membrana di fattori di crescita; una mutazione che rende il recettore attivo anche in assenza del ligando o lega ligandi in maniera anomala rende una cellula insensibile al controllo dei fattori di crescita. cERB è il recettore del fattore di crescita epidermico; il legame di un fattore di crescita porta alla dimerizzazione del recettore e attivazione dominio tirosin-chinasico che fosforila Tyr sul recettore e di altre proteine di membrana che attiva cascata di fosforilazioni; un bersaglio a valle è il prodotto del gene SRC.
3) Proteine associate alla membrana con capacità di fosforilare Ser o Thr; un esempio è la proteina prodotta da protoncogene RAF Un altro gruppo è rappresentato da proteine che legano GTP (es. RAS).
4) Gruppo di proteine che controlla la trascrizione nel nucleo: es. MYC, JUN, FOS; la attivazione diretta di questi fattori può portare ad anomala proliferazione o differenziamento cellulare.
Cambiamenti epigenetici nel cancro: una visione generale
1) I genomi delle cellule cancerose tendono ad una generale ipometilazione del DNA che diventa più pronunciata man mano il tumore progredisce verso un comportamento più maligno.
2) I genomi delle cellule cancerose presentano una ipermetilazione del promotore di alcuni geni oncosoppressori; alcuni pattern cancro specifici di ipermetilazione sono coinvolti nella inattivazione di geni quali RB, geni del MMR e BRCA1 quali RB, geni del MMR e BRCA1.
3) I genomi delle cellule cancerose tendono ad avere ipermetilazione di geni che codificano per miRNA Pattern specifici della espressione di miRNA caratterizzano certi tipi di tumore e possono essere usati come marker diagnostici/prognostici (es. aumentata espressione di un miRNAc he regola un oncosoppressore lo può inattivare; o ridotta espressione di un miRNA che regola un oncogene).
Alcune indicazioni sulle basi molecolari dell’oncogenesi
Una cellula somatica può subire una mutazione in un oncosoppressore come APC1.
In alcuni pazienti con FAP (Poliposi Adenomatosa Famigliare) c’è già una mutazione di APC.
Quindi quelli che non avevano niente devono acquisire due mutazioni per sviluppare la patologia, mentre nelle persone con già una mutazione in tutte le cellule, basterà una seconda mutazione in una cellula per avere tumore. Si sviluppa un epitelio ipertrofico come lesione cancerosa, e poi si accumulano mutazioni in altri geni dando adenoma precoce, intermedio, adenocarcinoma, tumore che si diffonde tramite metastasi.
Si accumulano mutazioni diverse come quelle legate al gene RAS, la delezione di 17p dove c’è p53, di 18q con SMAD4. Si accumulano quindi modifiche che di fatto sono necessarie per la trasformazione tumorale.
In un tumore si ha un processo di selezione, c’è una mutazione che infatti garantisce un vantaggio selettivo che per, esempio, permette di svincolarsi dall’effetto dei fattori di crescita.
Queste cellule si duplicano e crescono di più.
Si accumulano poi altre mutazioni con altri vantaggi selettivi, si origina un tumore che cresce e che poi si diffonde:
la crescita di un tumore può essere associato all’azione della selezione naturale; le cellule con più fitness si riproducono di più e prevalgono sulle altre.
Ci sono sistemi che forniscono una diagnosi per certi tumori: nella leucemia mieloide cronica il problema è legato alla presenza del cromosoma Philadelphia che codifica per un peptide di fusione (BCR-abl).
Un paziente può andare incontro ad una recidiva, per questo vengono spesso monitorati sfruttando primers per i geni della proteina di fusione che, se prodotta a livello del midollo osseo, indica la presenza di una ricaduta.
La PCR amplifica il segnale quindi permette di evidenziarlo anche quando le copie sono ancora poche, permettendo quindi di poter intervenire molto precocemente.
Un metodo utilizzabile può essere quello legato alla valutazione dell’espressione genica, ovvero del microarray: sono basati su supporti su cui sono legate delle sonde a cDNA.
Frequentemente, per ogni gene vengono prese in considerazione posizioni diverse di questo gene, ci saranno quindi più sonde spottate sul vetrino.
Si può estrerre l’mRNA da un tessuto di controllo e da uno tumorale.
Può essere retrotrascritto in cDNA che saranno marcati con fluorofori differenziali tra controllo (verde) e tumorale (rosso).
Avendo ben cura di usare la stessa quantità di cDNA per entrambi, si possono poi ibridare, e poi si possono usare dei lettori di fluorescenza per verificare se una determinata sonda avrà una fluorescenza attribuibile ad un tessuto tumorale o ad un controllo.
Per un tessuto tumorale avrò più mRNA di un determinato gene, avrò quindi più cDNA marcati per quel gene, quindi sul vetrino avrò fluorescenza rossa.
Se invece c’è una sotto-espressione del gene avrò fluorescenza verde, se non vi sono cambi di espressione, avrò fluorescenza gialla.
Ci sono anche altri meccanismi basati sull’RNA Seq in cui si prende l’mRNA tumorale e quello del controllo, si ottiene il cDNA, e si sequenzia, in modo tale da poter trovare le differenze tra i due.
Il Cancer Genome Anatomy project ha un sito web dove ci sono le informazioni legate alle variazioni di espressione genica legata ad alcuni tumori.
Questo permette di confrontare i propri dati con quelli presenti sul sito. I genomi di una grande varietà di tipi tumorali; es.uno studio sul glioblastoma (tumore mortale del cervello) ha rivelato frequenti mutazioni nei geni del MMR e nei geni oncosoppressori NF1, TP53, RB, PTEN.
Oltre ai dati di espressione ci sono anche i dati genomici, hanno sequenziato il genoma di cellule normali, pre-cancerose, e cancerose.
Alcune indicazioni sulle basi molecolari dell’oncogenesi
Soggetti che ereditano mutazione in TP53 sono a rischio di sviluppare sarcomi, tumori cerebrali o leucemie caratteristiche della sindrome di Li Fraumeni; se si conosce la mutazione patogenetica all’interno di una famiglia è possibile offrire un test genetico a ogni membro della famiglia.
La conoscenza delle basi molecolari del cancro può aiutare
Ci sono approcci diversi nella cura del cancro, tra cui l’inibizione dell’apporto ematico ai tumori.
Nei tumori ci sono costrizioni fisiche che danno stress ipossico con stimolo alla neo-angiogenesi.
Si cerca anche di indentificare marker superficiali di cellule tumorali, l’immunoterapia cerca di trovare marker immunogenici specifici delle cellule tumorali, e poi di sviluppare anticorpi.
Ci sono metodi per alterare l’attività di geni legati all’oncogenesi, come accade nel caso del cromosoma Philadelphia, si cerca quindi di trovare una molecola come l’IMATINIB che compete a livello della proteina di fusione per il sito di legame all’ATP, si lega al suo posto e quindi BCR-abl avrà funzione bloccata.
Da quando si usa l’IMATINIB, questo ha permesso la cura di casi di leucemia mieloide resistenti a terapie convenzionali come la chemioterapia che comunque viene fatta lo stesso.
L’IMATINIB potrebbe funzionare anche in tumori in cui serve un calo dell’espressione di proteine chinasi. In certi tessuti tumorali si ha una ipermetilazione di oncosoppressori, quindi si cerca di demetilare il DNA o di inibire la deacetilazione degli istoni con cromatina più compatta a livello degli oncosoppressori. Per contro c’è anche il rischio di demetilare tutto il resto del tumore.
Il fatto di demetilare aumenta l’immunogenicità delle cellule tumorali.
Tumori della mammella che mostrano amplificazione del Tumori della mammella che mostrano amplificazione dell’oncogene HER-2 (Human Epidermal Growth Factor2) sono sensibili a trattamenti con trastuzumab, un anticorpo che lega la proteina codificata da questo oncogene (viene amplificato nel 25-30% dei tumori primari della mammella, c’è troppo recettore).
Circa 10% dei pazienti con cancro ai polmoni non a piccole cellule risponde all’inibitore delle chinasi Gefitinib.
Towards quantitative and multiplexed in vivo functional cancer genomics
Il sequenziamento su larga scala dei tumori umani ha consentito di scoprire una vasta serie di alterazioni consentito di scoprire una vasta serie di alterazioni genomiche.
La ingenierizzazione in sistemi modello(topo) ha consentito di assegnare un significato biologico a molte alterazioni associate al cancro, anche se con alto costo associato a lunghi tempi di esecuzione.
Recenti avanzamenti, in larga parte basatisuCRISPR-Cas9, stanno facilitando un approccio più rapido per verificare funzioni geniche in vivo.
Il sequenziamento del genoma ha permesso di trovare molte mutazioni sul genoma di persone affette, è quindi importa capire cosa implichino a livello funzionale.
C’è una certa differenza se questo accade in vitro o in vivo, molto meglio il vivo.
Si devono accumulare molte mutazioni, quindi in vivo serve multiplexare per accumulare diverse mutazioni nel tessuto.
In un tumore singolo ci sono modifiche genomiche che possono avvenire, mutazioni in singoli geni come inserzioni, delezioni, polimorfismi in singolo nucleotide, riarrangiamenti cromosomici, traslocazioni, inversioni, variazioni del numero di copie e di interi cromosomi.
Si cerca quindi di caratterizzare cosa succede a livello di geni che possono essere soppressori di tumori, quando sono soggetti a certe alterazioni genetiche.
Diverse classi di alterazioni comunemente presenti nei casi di cancro
Le mutazioni che possono provocare il cancro sono diverse, si parte da semplici sostituzioni con cambiamento missenso (cambio amminoacido), non senso (formazione del codone di stop), oppure mutazioni in sequenze non codificanti che però possono essere regioni di regolazione che possono modificare l’espressione di un gene.
Possono anche interessare un lncRNA con funzione regolatoria, ma anche regioni di splicing.
Ci possono essere delezioni/inserzioni che possono provocare frameshift, o alterare regioni regolatorie non codificanti.
Vi sono anche alterazioni strutturali come traslocazioni ed inversioni, che possono portare all’ottenimento di proteine di fusione oncogeniche, ma possono portare anche a variazioni del numero dei cromosomi stessi, aneuploidia, poliploidia (acquisizione o perdita di interi cromosomi con pesanti variazioni di dosaggio genico).
Un grosso problema è dato dall’eterogeneicità intra-tumorale dei pattern di mutazione che vengono generati durante la crescita del tumore: è molto difficile indentificare il reale driver delle alterazioni.
Infatti, in un tumore ci sono mutazioni dall’importanza funzionale, dette “driver”, ma ci sono anche mutazioni che ci sono nel tumore ma sono del tutto “passeggere”.
È quindi complesso distinguere le mutazioni che hanno un impatto funzionale da quelle che non ce l’hanno. È assolutamente necessario individuare le mutazioni driver del tumore.
Le mutazioni legate agli oncogeni e agli oncosoppressori hanno un pattern piuttosto definito, ci sono infatti mutazioni che più frequentemente si possono associare ad oncogeni, ed altre agli oncosoppressori.
Potrei quindi, teoricamente, saper associare direttamente una mutazione all’uno o all’altro (è sempre meglio fare verifiche).
Ras e myc subiscono mutazioni puntiformi (non-sinonime) che alterano residui hotspot, partecipano in eventi di fusione e/o sono localizzati in regioni frequentemente amplificate.
Al contrario, oncosoppressori come RB1, APC tipicamente subiscono mutazioni (non-senso) che sono distribuite random nella sequenza codificante, sono localizzati in regioni con frequente perdita di numero codificante, sono localizzati in regioni con frequente perdita di numero di copie e/o sono soggetti a inattivazione biallelic amediante meccanismi genetici o epigenetici.
È comunque complicato identificare il driver basandosi sulla frequenza con cui geni sono mutati nel cancro e la via più affidabile è la caratterizzazione funzionale.
Modellizzazione della genetica del cancro umano usando il topo
Il sistema “topo” riproduce in modo abbastanza fede ciò che accade all’interno di un tumore umano, sia nelle fasi iniziali del suo sviluppo, che in quelle successive di interazione con altre cellule, e nella risposta a seguito di chemioterapia.
Nel topo io posso indurre una specifica perturbazione o modifica genetica in un determinato tessuto attraverso diversi sistemi che vedremo.
Avrò una iniziale espansione neoplastica in cui le cellule tumorali aumenteranno, vi sarà poi un contatto con la matrice extracellulare, con cellule immuni, con cellule del tessuto connettivo (stromali), e ci sarà poi lo sviluppo della vera e propria massa tumorale con tutti i problemi annessi, come quelli di ipossia delle cellule, di stress da pressione all’interno della massa stessa, problemi di nutrizione che stimolano l’angiogenesi, fino ad invasione e disseminazione. Posso provocare specifiche alterazioni per andare a vedere che cosa accade in termini di risposta fenotipica.
Il sistema funziona bene fino alle prime fasi di sviluppo del tumore, poi il modello perde di affidabilità a causa delle dimensioni del corpo umano rispetto a quelle del topo: chiaramente l’effetto di un tumore da 3,5 kg nel corpo di un topo avrà un impatto maggiore che all’interno del corpo umano.
Questi sistemi di valutazione di geni come oncogeni od oncosoppressori in vivo richiedono sistemi per la sovra-espressione o per il silenziamento di questi geni: per la sovra-espressione si possono usare promotori costitutivi.
Si creano vettori in cui metto questi geni sotto al controllo di un promotore costitutivo, per poi veicolarli nel tessuto dove voglio che avvenga la trasformazione (es. promotori virali come quello del lenti virus).
Se invece volessi silenziare un certo gene, potrò usare dei vettori di targeting, oppure il sistema di CRISP-Cas9. I sistemi basati sull’over-espressione saranno adatti per geni che si suppongono essere oncogeni, mentre i sistemi basati sul gene targeting e sul knock out genico, li userò per geni supposti essere oncosoppressori.
Sviluppi nei sistemi di ricombinazione (Cre-loxP) e di editing (CRISP/Cas9) hanno consentito lo studio in topo di diversi geni coinvolti nei tumori
Ci sono sistemi di gene targeting basati sulla ricombinasi Cre e sul locus loxP.
Questi sistemi possono essere inseriti in alcune regioni del genoma tramite ricombinazione omologa.
C’è un vettore di targeting che deve essere preparato: userò un braccio omologo ad una determinata regione del cromosoma su cui voglio apportare la modifica, devo avere un marker di selezione positivo (es. per un antibiotico come la neomicina), ed una sequenza per fare in knock out di quel determinato gene.
Inoculando questo vettore di targeting potrò avere la ricombinazione omologa in quella regione genomica e l’inclusione del vettore.
Questo porterà all’interruzione della funzione di quel gene. Il marcatore positivo mi permette di selezionarlo in un sistema in vitro, mentre in vivo non serve.
Posso esprimere la recombinasi che mi permette di eliminare le sequenze che sono incluse tra questi due loci, detti “loxP”.
Sviluppi nei sistemi di ricombinazione (Cre-loxP) e di editing (CRISP/Cas9) hanno consentito lo studio in topo di diversi geni coinvolti nei tumori
La ricombinasi è una proteina da 38 kDa che deriva dal batteriofago P1, riconosce specificatamente i loci loxP e ne determina l’excisione.
Se sono in vitro posso trasformare le cellule con un vettore che esprimere Cre, ma se sono in vivo posso incrociare i topi transgenici con topi che esprimono la recombinasi CRE.
La progenie avrà sia il loxP che il transgene con ricombinasi CRE che
riconosce i loci floxati (fiancheggiano loxP) che vengono eliminati.
LoxP è formato da due sequenze di 13 bp palindrome, in mezzo a queste due c’è uno spacer di 8 bp asimmetrica che serve a dare direzionalità al sito di loxP che può avere diversi orientamenti.
La ricombinasi Cre, riconosce questi loxP e ne determina l’excisione, a seconda di come i loxP sono orientati, potrò avere diverse modificazioni: se i loxP sono orientati allo stesso modo, dando la ricombinasi, excido il DNA al centro che sarà risolto come un frammento di DNA circolare, e resta un singolo locus loxP.
In questo modo io potrò eliminare, teoricamente, qualunque regione genomica fiancheggiata da due loxP.
Quando invece hanno orientamento diverso, quando esprimo la recombinasi Cre, ottengo un’inversione della regione genomica compresa tra di loro. Se ho due singole regioni in cui sono presenti dei singoli siti loxP su molecole lineari di DNA (cromosomi), potrò avere la ricombinazione di questi due loci, originando traslocazioni sito specifiche.
Tutto questo si basa sulla ricombinazione omologa, a meno che io non
voglia inserire loxP in modo del tutto random, però se volessi inserirlo
in un punto preciso del genoma, dovrò inserire regioni fiancheggianti
che abbiano omologia con la sequenza di interesse.
Serve quindi una
doppia ricombinazione omologa che non è un evento molto frequente
(2-4%), quindi non è un sistema molto efficiente.
Se però riuscissi a
farlo, potrei tagliare qualunque regione genomica tra i due siti loxP.
L’espressione di CRE può essere condizionale, posso fare in modo che
avvenga solo in certe cellule, oppure in una certa fase di sviluppo del
topo o in una certa fase di sviluppo dell’organo.
Potrei decidere quando una certa modifica genetica deve avvenire.
Tet System
È un sistema basato sulla risposta endogena alla tetraciclina dei batteri Gram negativi.
Esiste l’elemento TRE che è un operatore di cui sono presenti sette pezzi di sequenze di regolazione, ognuna di 19 nucleotidi.
È un operatore a cui si lega il tetR (repressore). tetR lega l’elemento TRE reprimendo il gene a valle, ma quando c’è tetraciclina, questa lega tetR impedendogli di legare TRE.
tetR regola negativamente il gene tTA, che è un gene che codifica per una proteina transmembrana che serve a guidare all’esterno della cellula il complesso dato dalla tetraciclina e dal magnesio.
Quando c’è tetraciclina che toglie il repressore, il gene per la proteina canale non sarà più represso, e il magnesio verrà espulso dalla cellula.
Serve quindi a dare la resistenza alla tetraciclina ai Gram negativi.
Hanno sfruttato questo sistema per creare sistemi inducibili/reprimibili.
Il sistema TetOFF è reprimibile: hanno preso il tetR che si lega a TRE e hanno fuso il dominio C-terminale un attivatore trascrizionale del virus herpes simplex (VP16) che è un dominio di attivatore trascrizionale.
Quando il tetR è legato a VP16 si verifica la trascrizione dei geni che stanno a valle, perché c’è l’attivatore.
Nel sistema originale il repressore lega il TET e i geni a valle non vengono trascritti, però dando tetraciclina + magnesio, questa lega tetR che si stacca dal TET e la trascrizione di tTA è consentita.
Questo permette di espellere la tetraciclina.
Questo è quello che accade nel sistema nativo. Hanno modificato poi il tetR unendo VP16 che è un attivatore trascrizionale.
Finchè tetR con VP16 è legato al suo promotore, i geni a valle (non più tTA), per esempio myc-c) verranno trascritti. Quando si dà tetraciclina il tutto si stacca e i geni non verranno più trascritti. Quindi deciderò io quando spegnere il gene dando tetraciclina (è il contrario di prima).
Sotto questo costrutto ci potrebbe essere un gene per un miRNA che silenzia un altro gene, se questo miRNA fosse espresso sempre non andrebbe bene, devo fare in modo che questo miRNA venga espresso quando ho già un certo numero di cellule nel tessuto in cui voglio vedere la modifica.
Farò un tetON, quando il fegato sarà sviluppato, darò tetraciclina e il miRNA verrà espresso per verificare l’effetto.
Generazione di loss-of-function alleles mediante Cre/loxP e genome editing in topo ha consentito di evidenziare il ruolo di diversi geni nei tumori
Il sistema in vitro non è rappresentativo per oncogeni ed oncosoppressori, voglio quindi usare il sistema topo in vivo dove dovrò fare knock out di geni o sovraespressioni.
Abbiamo visto diversi sistemi che possono anche essere condizionali, adesso vediamo come si applicano al topo.
Li posso veicolare tramite diversi virus e potrò fare dei topi transgenici.
Inattivazione coincidente di NF1 e p53: hanno ingenierizzato i topi per avere due loxP all’interno di questi geni, poi hanno fatto un costrutto che avesse la ricombinasi con espressione condizionale.
Quando vogliono attivano la recombinasi Cre, avrò una delezione del sito, ne resta solo uno di loxP con disattivazione del gene corrispondente.
Alternativamente alla espressione condizionale dovrebbero avere un topo con i geni floxati, questo topo deve poi essere incrociato con un topo transgenico che esprime costitutivamente Cre, per avere nella progenia individui con i geni floxati e con al contempo la recombinasi Cre.
Inattivando in modo coincidente NF1 e p53 si sviluppa un neofibroma, con p53 e BRCA2 si sviluppa cancro alla mammella.
Hanno fatto topi transgenici in cui hanno usato il sistema condizionali di reverse tet activator: hanno messo il sistema TRE con un gene che codifica per un hairpinRNA che determina silenziamento di un gene.
Quando dò tetraciclina si producono hairpin che silenziano i geni omologhi.
Facendo RNA interference per l’oncosoppressore Arf si ha lo sviluppo del tumore al polmone.
Il silenziamento di APC dà tumore al colon e leucemie.
Oppure posso disattivare i geni usando CRISPR-Cas9, faccio un gRNA con target l’oncosoppressore, Cas9 taglia, il danno viene riparato tramite NHJR che introduce mutazioni puntiformi che fanno knock out del gene.
Inattivando lkb1 ? cancro al pancreas, di PTEN e di p53 un cancro al fegato.
Se invece voglio verificare la possibile funzione di geni che potrebbero essere oncogeni, agirò in modo diverso, potrei mettere l’oncogene sotto ad un promotore costitutivo.
Qua c’è l’espressione costitutiva di HER2 (Recettore Fattore Epidermico 2 umano) che provoca il tumore primario alla mammella.
Se io lo testo con un transgene che lo esprime costitutivamente vedrò cosa accade, ovvero tumore alla mammella nel topo.
Posso usare il TET, in alternativa, hanno provato anche l’espressione di Ras modificato (Gly 12 -> Val12) che provoca melanoma.
Posso studiare il ruolo di certe mutazioni puntiformi che posso inserire con CRISPR-Cas9, ho il gRNA per un certo oncogene, determina un taglio riparato con mutazioni, quindi potrò verificare se queste mutazioni siano oncogeniche o meno.
Hanno fatto una mutazione in Ctnnb1 e non hanno rilevato trasformazioni tumorali, l’hanno fatto per vedere se fosse possibile indurre mutazioni puntiformi in vivo nel fegato di topo.
Con lo stesso approccio hanno inserito mutazioni in Ras e hanno visto che queste inducono cancro al polmone, al pancreas, e ai muscoli.
Ci sono alterazioni oncogeniche che derivano da geni di fusione (linfoma di Burkitt, Philadelphia), ed è possibile studiarle tramite un transgene che esprime geni di fusione in vitro, sono poi andati a vedere, sovra-esprimendo, il fenotipo.
Qua ho un transgene che sovra-esprime, ma questo in vivo non avviene, il controllo del gene di fusione resta sotto controllo degli elementi di controllo endogeni.
In vivo quando si hanno queste fusioni l’espressione di base di due geni viene modificata, mentre in vitro avrò l’espressione del wild type ma anche del transgene.
Bisogna quindi fare delle fusioni in vivo, hanno quindi fatto loci floxati nello stesso orientamento, quando si esprime la ricombinasi si ottiene la ricombinazione con geni di fusione.
Hanno fatto traslocazione per Mll-Enl -> leucemia, mentre in Aml1-Eto non succede nulla.
In questo caso serve ricombinazione omologa che è meno efficiente del CRISP-Cas.
Se faccio due gRNA che hanno come target le regioni genomiche in cui voglio che avvenga la fusione, faranno tagli lì, e queste regioni potranno unirsi tra di loro con traslocazione in vivo causata da CRISPR-Cas9.
Hanno fatto diverse traslocazioni come quella di Eml4-Alk che danno tumore al polmone etc.
Limiti della modellizzazione usando il topo e sviluppo disistemi di integrazione dinuova generazione
I sistemi visti fino ad ora funzionano bene ma hanno dei limiti, quindi sono stati creati sistemi di nuova generazione:
1) I sistemi di ingegnerizzazione convenzionali non consentono analisi combinatorie; analisi combinatorie; (nella maggior parte dei tumori si ha la modifica di ben più di due geni, i nuovi sistemi devono permettere la modifica simultanea di più geni che hanno a che fare con i tumori).
2) I sistemi convenzionali non consentono valutazioni quantitative (vado a vedere se si sviluppa o meno il tumore a seguito di una modifica. Hanno sviluppato dei sistemi multiplexati che consentono variazioni quantitative basate su bar code)
3) La interrogazione di combinazioni di alterazioni genomiche con il sistema convenzionale è costoso, laborioso e richiede tempi lunghi (i sistemi di nuova generazione permettono di valutare modifiche simultaneo in uno stesso individuo).
Ho un gene e voglio verificare se è un oncosoppressore, faccio il gRNA per inattivarlo, vado ad inattivarlo con formazione de novo di un tumore in un determinato individuo o in più individui (repliche per affidabilità).
Dovrò anche avere dei controlli in cui ho un gRNA per una sequenza che non c’è nel genoma del topo.
Farò delle analisi in bulk di cellule, analizzerò il peso, il numero di tumori, l’istologia e l’area.
In quelli multiplexati posso realizzare diversi costrutti per diversi geni che potrebbero dare trasformazioni tumorali se inattivati.
Li inserisco nello stesso topo e nello stesso tessuto.
Andrò a verificare l’effetto dell’alterazione simultanea di diversi geni.
Questo sistema mi consente di verificare se l’inattivazione di un certo gene provoca un danno di una certa dimensione quando c’è inattivazione anche di un altro gene.
Alcune mutazioni donano un vantaggio selettivo alla cellula, quindi la mutazione che darà un vantaggio maggiore sarà anche quella che mi permetterà di ottenere la lesione di più grandi dimensioni, e anche questo può quindi essere importante da valutare.
I metodi di analisi possono essere basati sul sequenziamento dei gRNA, o sul sequenziamento delle indel indotte nei siti target.
Posso usare diversi vettori per trasferire questi costrutti che causano modifiche multiple, alcuni di questi vettori si integrano nel DNA, altri no (plasmidi non integrativi, virus AAV), tra quelli che si integrano ci sono plasmidi integrativi, o lentivirus.
Quando verificherò l’evento, per quelli che non si integrano, dovrò per forza verificare l’effetto ovvero indel nei siti target, invece per quelli che si integrano potrò verificare sia questo che anche l’effetto sulla sequenza target (l’indel sulla sequenza target).
Il sistema multiplexed consente di verificare quantitativamente l’impatto di alterazioni multiple in parallelo nello stesso individuo (di topo)
A sinistra ci sono i sistemi convenzionali con un’alterazione per volta e vedrò cosa accade: in questi casi potrò fare misurazioni in bulk, per verificare le dimensioni o il peso del tumore.
Raccolgo tutte le lesioni e faccio una misura di insieme di tutte queste.
Una misura un po’ più raffinata è quella di fare misure per singolo tumore, quello verde produce tutti tumori delle stesse dimensioni, il numero di cellule neoplastiche sarà piuttosto equivalente.
Ci possono essere perturbazioni genetiche che origina tumori con dimensioni diverse (ci saranno tumori formati da un tot numero di cellule più grandi e altre più piccole).
Nel terzo caso, lo stesso tipo di alterazione provoca lesioni con un certo numero di cellule e altre con un numero molto più piccolo.
Però comunque verifico sempre cosa accade per una alterazione per volta.
Nel multiplexed vado a verificare quali sono le dimensioni delle lesioni date da una serie di alterazioni in parallelo sullo stesso individuo e nello stesso organo.
Questo dovrebbe mimare abbastanza bene ciò che accade nei tumori reali.
In questo caso le varie valutazioni possono essere fatte nello stesso individuo e potrò assegnare ad ogni tumore un certo genotipo, facendo relazione tra cellule tumorali e genotipo.
La integrazione di modificazioni genomiche con DNA barcoding consente una analisi quantitativa degli effetti di modificazioni su soppressori di tumori e oncogeni
Modificazioni geni soppressori: faccio diversi costrutti, ognuno di questi avrà un singleGRNA che ha come target un certo oncosoppressore.
Avrò un sg Identifier (rosso) che mi permette di sapere che gene sono andato a modificare (es.
avrò un single-guideRNA per p53 etc).
A questo sglID segue un Tumour Identifier.
Per ogni sgID ci sono diversi tID.
Quando poi veicolo questo costrutto nel lenti virus, questo trasformerà una cellula che mi inattiva p53.
Questa inattivazione darà un tumore con divisione cellulare e formazione di una regione.
Posso identificare la lesione grazie al codice che identifica il tumore e quello per il sgRNA.
Il codice sglD può anche avere un altro tID che va dentro ad un lentivirus diverso che trasforma una cellula diversa che darà origine ad un'altra lesione.
Quelle due lesioni hanno sempre p53 inattivo, e quindi lo stesso sglRNA, danno però origine a lesioni diverse con diverse dimensioni e che quindi avranno un tID diverso.
Queste due lesioni hanno quindi lo stesso sgID, ma tID diverso.
Questo serve anche per capire, per esempio, disattivando p53 quanti tumori si formano nel polmone e quali sono le loro dimensioni.
Questo mi consente di fare analisi in bulk, estraggo il DNA da tutti i polmoni, faccio un’amplificazione e un sequenziamento.
Demultiplexando i risultati del sequenziamento posso risalire al numero di cellule che c’era in questo tumore, e questo perché conoscerò il bar code delle cellule: saprò quante cellule avevano un determinato bar code.
Ogni pallino colorato rappresenta un diverso gene inattivato, e le diverse dimensioni si ottengono sommando le cellule con lesione.
Questo sistema permette anche di avere controlli interni, essendo fatto nello stesso individuo, lui svilupperò dei tumori per conto proprio.
Questi tumori naturali forniranno un controllo interno nei confronti di quelli indotti.
Se le facessi in topi diversi, non riuscirei ad avere batterie di topi identici al 100% tra loro geneticamente, o diversi per effetto ambientale.
Nei sistemi tradizionali quindi le differenze tra topo annulla l’effetto della modifica che ho introdotto.
Modifiche in oncogeni: mettiamo che vogliano verificare l’effetto di mutazioni puntiformi al locus Ras, fanno un panel di possibili mutazioni puntiformi, e questo panel di mutazioni lo mettono vicino ad un identifier del tumore che ottengono facendo sostituzioni sinonime nella sequenza codificante.
L’identificatore del tumore si fa modificando nucleotidi adiacenti fatte in modo che le sostituzioni siano sinonime e non si cambi l’amminoacido codificato.
Posso inserire la modifica mediante una ricombinazione omologa e poi verificherò l’effetto di questa mutazione puntiforme sulla lesione, e in contemporanea si possono verificare gli effetti di 12 mutazioni nel locus Ras.
Il vettore è AAV adenovirus e l’integrazione nel genoma avveniva per ricombinazione.
Strategie per indurre alterazioni coincidenti in vivo
Posso mettere i sg che disattivano due diversi geni in due costrutti diversi, oppure i sg che attivano due diversi geni possono inserirli nello stesso costrutto.
Oppure posso mettere in un costrutto il sg per un gene e la recombinasi che disattiva un gene già floxato nel genoma del topo.
Queste tre cose le faccio a seconda di cosa voglio andare a vedere: se per due geni voglio vedere l’effetto di disattivarne uno o l’altro, o tutti e due assieme, userò questa strategia.
Se invece il mio studio è volto a verificare cosa accade disattivando assieme due geni, utilizzerò il metodo due, con sg nello stesso costrutto.
Lo stesso praticamente nel caso tre, se voglio verificare cosa accade disattivando tutti e due, metto Cre in una cellula con il gene 2 floxato, mi dà sicurezza che il gene due verrà disattivato, verranno disattivati tutti e due.
Inattivo il gene 1 e ottengo una certa lesione, se inattivo 1+2 ottengo lo stesso risultato, quindi la dimensioni di questa lesione è dovuta al gene 1 perché non cambia nulla.
Quindi posso risalire al contributo di ogni singolo gene per la dimensione delle lesioni.
Prospettive
La prossima decade porterà una ondata di nuove tecnologie che permetteranno di interrogare tutte le classi maggiori di alterazioni genomiche La variante Cas9 cataliticamente inattiva nel dominio nucleasi (dCas9) è già stata usata in fusione con repressori (CRISPR i) o attivatori (CRISPR a) trascrizionali o modulatori epigenetici per un controllo preciso della espressione genica mediante la modulazione della trascrizione e dello stato della cromatina dCAS9 fusa a cytidine o adenosine deaminase (base editors, quelli cytidine C T e G -> A, quelli adenine A -> G e T -> C) può essere incorporata in modelli in vivo per facilitare lo studio di mutazioni puntiformi;
Cas9 comincia a essere usata per generare copy number variation in colture cellulari e in vivo I tumori umani presentano un alto grado di eterogenicità intratumorale, che ha un ruolo importante nella evoluzione e adattamento del tumore: diverse strategie sono in corso di sviluppo per studiare l’impatto funzionale della eterogenicità tumorale e la sequenza in cui le mutazioni sono acquisite.